REDBULL

Genialità e Marketing

Qualche giorno fa, dopo una lunga malattia, è morto il miliardario austriaco Dietrich Mateschitz, visionario co-fondatore dell’azienda di bevande energetiche Red Bull e fondatore e proprietario della Red Bull Formula One Racing Team. Aveva 78 anni. 

Tutte le testate giornalistiche hanno riportato la notizia, tutti ne parlano, tutti hanno avuto qualcosa da opinare, da ricordare – non potevamo mancare proprio noi! Ma se è vero che non tutti hanno ben chiaro il sapore della bevanda energizzante, scommettiamo che, se diciamo Red Bul, a tutti venga in mente il brivido di uno sport estremo, l’adrenalina di una gara vinta all’ultimo secondo e, ovviamente, la formula che chiunque non può non aver sentito almeno una volta nella vita: Red bull ti mette le ali.

Forse non ci pensiamo abbastanza, ma ogni volta che a noi vengono in mente queste cose, c’è qualcuno che ha investito tempo e denaro con il solo scopo di attivare nel nostro cervello l’associazione fra un brand e dei valori determinati. In questo caso, nel marketing si parla di brand positioning.

Se abbiamo catturato la vostra attenzione, continuate a leggere!

Volto pubblico, Mateschitz non solo ha aiutato la bevanda energetica a diventare popolare in tutto il mondo, ma ha anche costruito un vero e proprio impero sportivo, mediatico, immobiliare e gastronomico attorno al marchio.

Red Bull GmbH viene fondata nel 1984 e in pochi anni diventa leader mondiale del settore al punto che,  nel 1998, possiede già l’80% del mercato delle bevande energetiche in oltre 100 Paesi.

Com’è riuscito Dietrich Mateschitz, con il suo team, a raggiungere un tale risultato?

Innovazione e presenza continua, ma anche tenacia e forte convinzione nelle proprie idee. D’altra parte, tutto è partito da un’intuizione: il prodotto, sconosciuto nel mondo occidentale, era molto popolare in Oriente come rimedio utilizzato dagli operai per combattere la fatica del lavoro in fabbrica e dai camionisti per evitare di addormentarsi alla guida di notte.

Perché non importarlo in Europa? Nessuno ci avrebbe scommesso.

Un posizionamento innovativo per davvero

Quando Mateschitz, ingaggiò una società di ricerche di mercato per testare il concetto del prodotto, infatti, i risultati riportati furono catastrofici: la gente non era convinta del sapore, né del logo, né del nome del marchio. Ciononostante, decise di lanciare Red Bull, concentrandosi sul fatto che il 50% di chi aveva assaggiato la sua bevanda la adorava (mentre l’altro 50% la schifava), e sfruttando questo effetto polarizzante come strategia di marketing.

Far discutere i consumatori sul proprio prodotto è il metodo più efficace per farsi conoscere e per incuriosire e, infatti, funzionò.

Un brand che fin dagli albori non porta il prodotto ai clienti, bensì sono i clienti ad essere portati al prodotto: Mateschitz ha creato un bisogno, andando a proporre il prodotto direttamente a chi voleva affrontare il jet leg, o a chi aveva l’esigenza di stare sveglio più a lungo come i ragazzi che andavano a ballare in discoteca, come i camionisti, come chi viaggiava molto per lavoro.

Il test condotto oltretutto non teneva conto degli eventi dal vivo che sarebbero poi diventati la colonna portante nell’architettura del brand di Red Bull. Fin dagli esordi, l’azienda ha ignorato i media tradizionali e ha fatto leva su una delle più comuni esperienze umane: una bella festa.

Il piano a prova d’errore era offrire a studenti universitari, capaci di dettare mode e influenzare i gusti del pubblico, delle casse di energy drink e incoraggiarli a organizzare autonomamente degli eventi; una tattica molto remunerativa dai costi quasi pari a zero.

Vendere non un prodotto, ma uno stile di vita

Ed ecco che Red Bull diventa uno stile di vita. Nel giro di poco tempo, la bevanda dallo strano sapore e dal colore non invitante, diventa un fenomeno planetario. Red Bull ha continuato a seguire questa tattica e l’ha portata a nuovi livelli sperimentali sponsorizzando manifestazioni live dotate di una forte componente di fisicità: gli sport estremi. Il brand si è trasformato nello sponsor ufficiale di atleti per lo più sconosciuti e impegnati in sport di nicchia, pericolosi ed entusiasmanti.

Nel 2012 l’azienda dei tori rossi si è spinta oltre i propri limiti mandando Felix Baumgartner, skydiver austriaco di 43 anni, ai bordi dello spazio e tenendo così circa 8 milioni di persone con gli occhi fissi sulla diretta di YouTube. Il base jumper si è tuffato e, dopo una caduta di 38.969,4 metri, è tornato a terra sano e salvo. Questo è un caso emblematico di ciò che Kahneman (2002, Premio Nobel per l’Economia) definisce “la regola del finale all’apice”.

L’immagine di un brand nella mente del pubblico non si basa sulla realtà delle esperienze vissute ma principalmente sui momenti culminanti, di maggiore intensità, e sull’impressione finale – sia questa positiva o negativa. In altre parole, è necessario creare delle esperienze fisiche ed emozionali dal climax potente e positivo, in grado di lasciare il pubblico a bocca aperta. Dopotutto siamo architetti della memoria e l’unica cosa migliore del risvegliare dei ricordi evocativi è farli vivere e condividere in prima persona, offrendo momenti di vita reale che ci ricordino quanto sia bello essere vivi.

Determinazione

Mettere le ali al talento, alle idee e alle persone è parte integrante del posizionamento di marca e del prodotto Red Bull. Red Bull ti mettere aaali, sempre lo stesso claim da oltre 20 anni ma ancora efficace, rappresenta l’identità della marca.

Una marca che rappresenta la categoria degli energy drink per eccellenza.

Il marketing di Red Bull, pianificato nel 1987 durante il lancio del prodotto, è ancora oggi il settore portante dell’azienda, nel quale viene investito circa un terzo del fatturato annuale.

Il 50% della comunicazione di Red Bull è costituita da advertising classico. La pubblicità esiste sotto forma di cartoon campaign e va in onda sulle rete televisive di tutto il mondo, su YouTube, al cinema e alla radio in versione audio. L’azienda ha improntato una strategia di comunicazione che non parla mai di se stessa, del prodotto in sé, puntando, invece, sulla critica ai luoghi comuni, sul paradosso, sull’ironia.

Questa ha come obiettivo solo l’aumento della conoscenza del brand: nessuna promessa, solo “provare per credere”. Il pubblico di riferimento, nonostante lo stile a cartone animato, è senza dubbio un pubblico adulto che l’azienda intende divertire e intrattenere. L’azienda, oltre ai canali tradizionali di comunicazione, utilizza molto i social media, raggiungendo così un target immenso e globale e creando un legame tra gli users che si identificano con il brand (relate experience).

L’ingrediente segreto del successo

Di particolare interesse, poi, il consumer collecting (letteralmente raccolta di consumatori), un’attività inventata e utilizzata esclusivamente da Red Bull. Si tratta di una rete di ragazze, dipendenti dirette dell’azienda, scrupolosamente selezionate e formate, che, divise in team chiamati “wings” girano, coprendo tutto il territorio, a bordo di auto completamente brandizzate, alla ricerca di nuovi consumatori a cui far assaggiare il prodotto.

Principi del marketing esperienziale in ogni fase della strategia e soprattutto nel consumer collecting. Vengono coinvolti quasi tutti i moduli strategici dell’esperienza:

– sense (prova del prodotto)

– think (le ragazze sono in grado di rispondere a qualsiasi domanda e curiosità sul prodotto)

– act (Red Bull stimola corpo e mente)

– relate (le persone che usano Red Bull sono persone attive, sportive, ma anche lavoratori e studenti che possono quindi riconoscersi gli uni negli altri)


Ė logico pensare che questo tipo di strategia di marketing costi molto, anzi moltissimo ed è quindi quasi del tutto spontaneo chiedersi se all’azienda conviene o meno. Se ci concentriamo sul consumer collecting, che sembra essere l’attività̀ più̀ singolare del marketing di Red Bull, il costo delle migliaia di lattine regalate, gli stipendi delle ragazze, la manutenzione delle auto, le spese delle trasferte in altre città in occasioni di eventi e/o riunioni sono solo alcuni dei costi che l’azienda deve sostenere e parliamo di una singola attività̀ alla quale si devono aggiungere le campagne pubblicitarie, gli eventi e tutto il resto.

Ma vale davvero la pena farlo?

La risposta ci viene fornita sicuramente dai numeri: un totale di 9.804 miliardi di lattine di Red Bull sono state vendute in tutto il mondo nel 2021, rappresentando un aumento del 24,3% rispetto ad un già entusiasmante 2020. Il fatturato del Gruppo è aumentato del 23,9%, da 6.307 miliardi di euro a 7.816. Con un investimento ogni anno, da oltre vent’anni, di quasi il 40% del suo fatturato nel settore marketing, l’azienda dimostra di aver compreso e anticipato il cambiamento del consumatore e il suo bisogno di essere coccolato, sorpreso, incuriosito e coinvolto nello stile di vita del brand che deve farlo “innamorare” per battere la concorrenza.

Oltre al “jet lag”, se oggi potessimo chiedere ancora a Dietrich Mateschitz quale sia l’ingrediente segreto del successo, siamo certi che risponderebbe: la fiducia nelle proprie intuizioni, perché, prima o poi, si spicca il volo.

Beh, allora buon viaggio Dietrich e grazie per tutto quello che ci hai insegnato!

Grazie!

Abbiamo ricevuto correttamente la tua richiesta.

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