Lo studio del Brand per il successo e l’insuccesso di un’idea di impresa

Un tempo, per parlare di brand si doveva per forza citare una grande multinazionale come la Apple, la Coca Cola, la Ferrari, l’IBM o simili. Ora non è più così. L’arrivo dei social e degli smartphone ha “democratizzato” il settore, riducendo in maniera radicale i budget necessari per sviluppare una strategia di branding anche per il piccolo-medio imprenditore, o perfino per il libro professionista.

Ma che cos’è, in soldoni, il brand? Semplificando al massimo è tutto quello che un’azienda mostra di sé stessa all’esterno. Non va confuso con il logo, che è solo la sua parte posta più in evidenza. Il brand è anche come si vestono, parlano e agiscono le persone che ci lavorano. Sono le regole che animano i protocolli, le parole utilizzate nella comunicazione, le scelte che vengono fatte da chi prende le decisioni.

Per questo motivo il brand non si improvvisa né si inventa sull’onda di un sentimento. Il brand va studiato estrapolando i valori su cui si fonderà da quel momento in poi la vita dell’azienda. 

Uno degli errori comuni è quando un cliente chiede di creargli un logo per realizzare dei bigliettini da visita accattivanti. Non funziona così. Il logo stesso dovrà trasformare dei concetti – i valori aziendali – in immagini. Dovrà rendere concreto con linee, parole e colori tutto questo, ed essere capace di trasferire i valori alla clientela.

Il brand fa, infatti, una promessa alle persone. Quella promessa deve essere ben chiara al titolare e a tutto il suo staff, piccolo e grande che sia. Solo così potrà esserci quella coerenza tra comunicazione e azione concreta che genera il successo o l’insuccesso di un’attività economica. Promettere quello che non si può esaudire, con il solo fine di accaparrarsi velocemente quote di mercato, è pura follia. I danni di immagine per chi si è comportato così, in un mondo social dove le recensioni volano alla velocità della luce, sono incalcolabili. Un suicidio in salsa marketing.

Mi sono avvicinato al mondo del brand passando dalla grafica. Sono un appassionato di motori e di simulatori di guida, e già a 11 anni mi divertivo a cambiare i loghetti e le skin della auto con cui si gareggiava nei primi forum per correre online. 

Forse è proprio a causa di questa origine ludica che, per me, occuparmi di questo settore per lavoro è quasi un gioco. Il passo successivo è stato quando ho dovuto decidere cosa “fare da grande”. 

Alla fine, scelsi di non seguire le orme paterne, ovvero una tranquilla carriera nel settore pubblico dopo aver vinto un concorso (lui era finanziere), ma di puntare tutto sulle mie passioni. Sono stato fortunato. Mi iscrissi ad un corso di Design e Comunicazione a Cagliari e là conobbi un bravissimo Art Director che mi ha “sgrezzato”, come un bravo intagliatore fa con del minerale appena estratto dalla terra.

Con lui ho imparato come trasformare la mia abilità e passione in un lavoro.

Grazie ad esso ho portato un contributo decisivo nella crescita dell’azienda in cui collaboro attualmente, Publikendi, che dal 2015 è cresciuta a ritmi costanti fino ad oggi, in cui può vantare oltre cento clienti gestiti con successo per quello che riguarda il brand, le strategie di marketing e la comunicazione.

Questo perché noi non ci limitiamo a realizzare un logo o una grafica, noi puntiamo a comprendere esattamente le esigenze del cliente. Attraverso il primo briefing che facciamo puntiamo a tirar fuori in dettaglio di cosa si occupa la sua attività, quali sono i servizi, come vuole porsi sul mercato, quali sono i suoi competitor e le sue idee di sviluppo nel futuro.

Solo in tal modo si potrà realizzare la base per un lavoro che, a 360°, fornirà al cliente un risultato finale che lo porrà su di un livello superiore nel suo mercato di riferimento. 

Uno studio del brand svolto in maniera attenta, completa e precisa può diventare il discrimine principale tra il successo e l’insuccesso di un progetto, persino di più rispetto ai prodotti e servizi dell’azienda stessa. 

Fidati, l’ho visto accadere dozzine e dozzine di volte davanti ai miei occhi. Provare per credere.

Andrea Carta

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