Fare un passo indietro per farne due in avanti
Il nuovo logo di Burberry è un’ode alla britannicità
La casa di lusso britannica svela una nuova brand identity insieme alla prima campagna guidata dal nuovo direttore creativo Daniel Lee.
Il rebranding è il processo di cambiamento strategico della brand identity di un’azienda. Questo può comprendere l’attribuzione di un nuovo nome, logo, design o strategia di comunicazione a un brand già consolidato nel mercato, creando un’identità differenziata e modificando eventualmente il posizionamento dell’azienda nel mercato.
Una strategia di rebranding è solitamente associata alla necessità di un cambiamento nella brand image, cioè nella percezione che i consumatori e altri stakeholder hanno dell’azienda in questione. Può essere considerato proattivo o reattivo, a seconda delle motivazioni che ne determina l’attuazione.
Di qualsiasi tipo esso sia, il rebranding comporta sempre dei rischi, poiché può generare confusione nella mente dei consumatori, portando potenzialmente alla perdita di alcuni clienti. È inoltre possibile che i consumatori non accolgano bene il cambiamento, come accaduto nel caso del marchio Gap, il cui cambio di logo non è stato accettato dai consumatori, cosa che ha portato l’azienda a rintrodurre il logo precedente.
Poiché implica spesso dei costi molto elevati, la scelta di optare per un rebranding deve essere studiata con cautela, valutando bene i potenziali vantaggi, costi e rischi.
Fatta chiarezza su che cosa si intenda con il termine “rebranding”, possiamo constatare che Burberry, nota maison di moda inglese, sta tornando alle origini, seppur infondendo novità.
Qualche giorno fa, a pochi giorni dal debutto ufficiale in passerella, Burberry ha, infatti, fatto scalpore scegliendo di “ripulire” i suoi account social e rivelando una nuova identità e una campagna intrisa di britannicità, la prima guidata dal nuovo direttore creativo Daniel Lee.
Un cavaliere a stendardo spiegato spicca un immaginario balzo al galoppo: è l’evoluzione dell’originale logo di Burberry e del marchio del cavaliere equestre, presentato al mondo nel 1901 a seguito di un concorso pubblico, che dal rosso fiammante delle origini si trasforma in un blu elettrico. Rimangono i dettagli storici che hanno reso celebre il cavaliere e il suo destriero: le B decorative in corsivo e la parola latina Prorsum, ovvero, “avanti“.
Burberry sotto la direzione creativa di Daniel Lee si preannuncia essere un vero e proprio elogio della cultura britannica – e la prima campagna pubblicitaria ne è un assaggio.
Il nuovo – anzi, vecchio – logo di Burberry rappresenta un bel cambio di passo e una vera e propria novità rispetto ai suoi competitor. Negli ultimi anni, infatti, quasi tutti i marchi di lusso hanno adottato versioni più semplici dei loro loghi originali, con caratteri in stampatello senza le grazie e in bianco e nero. Basti guardare i loghi di Balenciaga, Saint Laurent, Balmain, Ferragamo, ma anche lo stesso Burberry che, nel 2018, sotto la guida di Tisci, abbandonò il cavaliere per far spazio a un lettering solenne e formale, accompagnato dalle iniziali di Thomas Burberry intrecciate, disegnate direttamente da Peter Saville. Pur mantenendo la loro identità, si somigliano tutti nel lettering.
Che la rivoluzione del logo di Burberry stia segnando il ritorno al design “svolazzante” e sofisticato anche nella moda? Chissà…
Certo è che sul profilo Instagram della maison londinese sono scomparsi tutti i post, per lasciar spazio alla prima campagna fotografica, realizzata da Tyrone Lebon, sotto la guida di Daniel Lee. Negli scatti di Lebon ci sono più indizi su quella che sarà la direzione di Daniel Lee, che si configura come una vera e propria ode alla britishness, all’heritage del marchio, alla riconoscibilità dei suoi item e del posizionamento multisettoriale di Burberry.
A partire dai volti scelti, ciascuno riconoscibile, grintoso ed encomiabile nel suo ambito di pertinenza. Fotografie leggere, pose spontanee e identità autentiche indossano alcuni capi disegnati da Riccardo Tisci, tra cui l’intramontabile trench, dinnanzi a punti cult dell’architettura londinese, quale Trafalgar Square e Albert Bridge.
Daniel Lee, dunque, riparte da qui: dalla riconoscibilità delle radici Burberry, che a Londra ha fondato il suo impero secolare, scegliendo ospiti d’eccezione, ciascuno noto nel proprio segmento culturale.
Alla fine dei conti, perché continuare a stupire?
Basta con la legge dei trend, viva l’originalità della coerenza: chi siamo, dove andiamo e come ci vestiamo?
Viviamo una stagione di grandi interrogativi: la rivendicazione della propria identità non è un fenomeno che coinvolge solo i singoli. Sono i brand stessi a essere sempre più impegnati nella rielaborazione del loro dna stilistico, quasi a voler riaffermare il ruolo che hanno oggi nel sistema. Una scelta condivisibile, che porta a una coerenza estetica che non si vedeva da tempo. Oggi i trend non fanno più tendenza: molto meglio essere originali sul serio, e tornare alle proprie origini.
Il Brand Heritage cerca nel passato delle aziende il suo legame con il territorio e con i clienti per creare un senso di appartenenza e un rapporto con i consumatori.
Viviamo in un mondo globalizzato e se un’azienda vuole distinguersi lo deve fare creando un racconto di sé che coinvolga i consumatori, per essere non solo un brand ma anche parte del territorio e del Paese.
E noi siamo perfettamente in sintonia con questo concetto: sono i brand a dettare le mode e non viceversa!