Quando pensiamo a un brand, solitamente immaginiamo qualcosa di visivo: un logo, una palette di colori, un prodotto iconico. Ma il suono? Quasi mai. Eppure, se chiudiamo gli occhi per un istante, ci rendiamo conto di quanto il mondo dei brand parli spesso al nostro udito, molto più di quanto immaginiamo. Stiamo parlando del sound branding, un fenomeno che non è affatto nuovo, ma che oggi assume contorni sempre più rilevanti in una realtà dominata dall’iperstimolazione visiva e dal rumore di fondo dei social media.
Il sound branding non è semplicemente una melodia, un jingle o una voce. È un’identità sonora completa, un linguaggio sonoro che accompagna costantemente l’esperienza del consumatore con il brand, creando associazioni positive, riconoscibilità immediata e connessioni emotive profonde. Ed è qui che risiede il suo potere.
Una strategia di rebranding è solitamente associata alla necessità di un cambiamento nella brand image, cioè nella percezione che i consumatori e altri stakeholder hanno dell’azienda in questione. Può essere considerato proattivo o reattivo, a seconda delle motivazioni che ne determina l’attuazione.
Pensate a Netflix: bastano quei due brevi e iconici suoni iniziali – il famoso “tu-dum” – per catturare la nostra attenzione e trasportarci immediatamente nell’universo narrativo del colosso dello streaming. Netflix ha investito risorse importanti nella creazione di un’identità sonora unica, con l’obiettivo di essere riconoscibile immediatamente anche senza l’ausilio delle immagini. E i risultati parlano chiaro: secondo un report di Amp Sound Branding, il 96% delle persone è in grado di riconoscere il brand solo ascoltando quei due secondi di audio.
Lo stesso principio vale per Apple, che da decenni utilizza il suono d’accensione dei propri dispositivi come parte integrante del proprio marchio. Una firma sonora talmente iconica che risuona nella memoria dei consumatori, associata immediatamente a concetti di innovazione, design e semplicità.
Anche Mastercard ha recentemente investito nel sound branding, sviluppando un’identità sonora che include una melodia universale, capace di adattarsi a diversi mercati e culture. La loro ambizione? Essere riconosciuti e ricordati non solo per il celebre logo dei due cerchi intrecciati, ma anche per una melodia capace di evocare immediatamente sicurezza, affidabilità e universalità.
Ma perché, esattamente, le aziende stanno investendo sempre più nel sound branding?
Il motivo risiede nella saturazione visiva del mercato e nell’urgenza, per i brand, di distinguersi su più fronti. Viviamo immersi in stimoli visivi continui e, per emergere, le aziende hanno scoperto che il suono può essere un efficace elemento differenziante.
Una ricerca di Spotify afferma che l’identità sonora aumenta la memorabilità di un brand fino al 30% rispetto a una comunicazione esclusivamente visiva.
Non va dimenticato, inoltre, che l’audio raggiunge l’utente in momenti in cui la vista è occupata altrove – durante la guida, la cucina o persino mentre si lavora – ampliando così il raggio di azione della comunicazione di un brand.
La sfida principale per le aziende, però, è non cadere nella trappola della superficialità. Un buon sound branding non è un semplice esercizio estetico, ma una strategia complessa che richiede un’analisi approfondita dei valori del marchio, del target e del mercato. L’identità sonora dev’essere coerente con l’immagine complessiva del brand e, soprattutto, deve evolvere nel tempo, adattandosi ai cambiamenti sociali e culturali.
Se fino a qualche anno fa il sound branding era appannaggio dei colossi globali, oggi anche le realtà più piccole cominciano a comprenderne l’importanza. Una startup può infatti differenziarsi dai concorrenti proprio grazie a un’identità sonora distintiva, in grado di posizionarla immediatamente nella mente dei consumatori.
Insomma, il sound branding non è una moda passeggera
è una strategia di lungo termine che risponde a precise esigenze di mercato. Nell’era della digitalizzazione e della saturazione sensoriale, riuscire a “suonare bene” significa riuscire a emergere, conquistare spazio nella memoria collettiva e, soprattutto, lasciare un’impronta emotiva duratura. In fondo, lo sappiamo tutti: le melodie migliori, quelle che ci restano dentro, sono quelle capaci di emozionarci. E quando un brand riesce a emozionare, la partita è già vinta.